Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Chiesa di San Bernardino
Diocesi di Alba ( sec. XVIII )
Piazza San Bernardino, 12043 Canale (CN)
All’estremità della “villanova”, presso la scomparsa Porta Superiore, sorge la settecentesca chiesa di San Bernardino. La confraternita è citata già a partire dal Cinquecento quando i Disciplinanti o “battuti bianchi” utilizzavano come oratorio la casa della Confreria del Santo Spirito, ubicata nella piazza del Comune. Dotata di autonomia e prestigio che le proviene dall’autenticazione da parte della Santa Sede della reliquia del legno della Vera Croce, nel 1588 provvede ad un proprio oratorio, edificato sul sito dove sorge quello attuale.
Nel 1727 la chiesa viene ricostruita in forme barocche col sussidio delle elemosine della comunità su disegno dell’architetto Giovanni Garelli con la direzione dei mastri Domenico Pianca e Isidoro Torriano. L’esito è un edificio a croce greca con aula unica e ampio coro adatto ad espletare le funzioni associative dei confratelli. L’interno presenta pregevoli altari tra cui spicca quello dedicato al Crocifisso, fornito di un’imponente decorazione in stucco marmoreggiato a fare da corona al Cristo quattrocentesco.
La rilevanza della chiesa di San Bernardino si esplica non solo nelle opere d’arte in essa contenute ma anche nel ruolo sociale che ha svolto nel corso dei secoli. Ad essa facevano infatti capo due compagnie religiose che sul volgere del Seicento contavano oltre trecento iscritti: quella degli uomini detti “batù bianc” (battuti bianchi in contrapposizione ai battuti neri della chiesa di San Giovanni Battista Decollato) che indossavano il camice bianco con un buco sulla schiena ed il cappuccio; quella delle donne dette Umiliate che vestivano di abito giallo con cintura. Le compagnie, composte soprattutto per la parte maschile di nuovi ricchi, assolvevano a funzioni devozionali, assistenziali, caritatevoli e di solidarietà interna di cui un esempio è dato dai “censi” ovvero forme di prestiti che venivano accordati ai propri consociati nei momenti di difficoltà.
Elementi di devozione popolare
La forte esigenza di rispondere ai bisogni cultuali della popolazione è testimoniata dalla ricchezza della ritualità, espressa in forme artistiche e liturgiche di cui resta testimonianza nelle opere d’arte, nei documenti archivistici e nella tradizione orale.
Accanto alle celebrazioni del Giovedì Santo con il banchetto, la lavanda dei piedi e la preparazione alla Pasqua con la flagellazione, sono gli arredi scultorei dedicati ai “Compianti” a richiamare la tradizione delle processioni che connotavano la confraternita. Queste trovano larga diffusione nel corso del Sei e Settecento e, in ossequio alle tendenze controriformistiche, si esplicavano come vere forme di teatro popolare, sottolineando gli aspetti pietistici.
In tal senso, era particolarmente importante il ruolo ricoperto dalle donne: le carte d’archivio tramandano come le consorelle sfilassero in un corteo distinto rispetto agli uomini, inalberando a mò di stendardo una croce priva di Cristo al fine di propiziare i raccolti.
Esempio emblematico di devozione popolare è il crocifisso noto col nome dialettale de “Il Crist ed San Bernardin”. Si tratta di una scultura quattrocentesca che presenta un Cristo tracciato con un’anatomia approssimativa, ornato di veri capelli e contrito in una forte tensione emotiva, sottolineata non solo dai tratti del volto, ma anche dall’angelo in volo che, sollevando un rozzo calice, raccoglie il sangue che sgorga dalle ferite.
Attestazione di un dialogo diretto col Messia, l’opera ricorda i riferimenti iconografici delle zone alpine al confine tra Piemonte e entroterra ligure. In concomitanza con le rogazioni veniva portata in processione nei campi con la speranza che la sua intercessione facesse smettere di piovere o togliesse la siccità.
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