Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Chiesa di San Sebastiano
Diocesi di Vercelli ( sec. XVI )
Via Felice Monaco, 1310, Vercelli, vc
La confraternita fu eretta da monsignor Bonomi nel 1579 e l’intitolazione a San Sebastiano la si deve a un voto fatto dai sei confratelli fondatori, provenienti dalla confraternita di Sant’Anna, per scongiurare al Santo (a cui secondo Paolo Diacono si deve la cessazione della peste nel 680 d.C. a Roma.) la fine della pestilenza che aveva coinvolto la cittadina nel 1576. Successivamente nel 1838 in seguito ad una epidemia di colera la confraternita ottenne di assumere anche il titolo di San Rocco al quale da sempre la tradizione attribuisce la guarigione dalle pestilenze. La confraternita si riproponeva di essere una congregazione di laici volta al conseguimento della “salus animorum” e vestivano un rustico saio come i frati cappuccini che risiedevano in San Francesco. Le fonti storiche ci narrano che la confraternita di San Sebastiano in un primo momento risiedeva in una piccola chiesetta nei pressi di Porta Casale all’interno della allora cittadella “la quale essendo troppo piccola, incomoda, ed eccessivamente costosa per l’affitto del terreno, …, sotto l’episcopato di Mons. Giov. Stefano Ferrero si costruissero la chiesa nel sito attuale.” ( R. Orsenigo, Vercelli Sacra, 1909)
La chiesa odierna dipende dalla parrocchia di San Paolo e conserva al suo interno un prezioso esempio di manierismo seicentesco rappresentato dalla pala posta dietro al coro raffigurante il martirio di San Sebastiano sovrastato dalla Vergine a mezza figura, avente ai lati Sant’Eusebio e San Rocco dipinta da Francesco Bianco, allievo di seconda generazione del Morazzone (pittore del 600 lombardo attivo molto attivo tra Piemonte Lombardia e Liguria). Infine ancora oggi all’interno della chiesa è collocata una delle “macchine” della tradizionale processione cittadina che si svolge ogni anno, raffigurante Gesù alla colonna. La statua è annoverata trai beni della confraternita fin dall’inventario del 1773 appartenuta prima alla confraternita di San Nicola.
Le notizie storiche su san Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai millenni, ed è tuttora molto vivo. Secondo i racconti della sua vita sarebbe stato un cavaliere valsosi dell'amicizia con l'Imperatore per recare soccorso ai cristiani incarcerati e condotti al supplizio. Svolse anche un’azione evangelica convertendo non solo gli altri soldati ma anche lo stesso governatore di Roma, Cromazio, e suo figlio Tiburzio. Tutto ciò non poteva passare inosservato all’Imperatore Diocleziano che convocò Sebastiano. Inizialmente si appellò alla vecchia familiarità: «Ti avevo aperto le porte del mio palazzo e spianato la strada per una promettente carriera e tu attentavi alla mia salute». Poi passò alle minacce e infine alla condanna. Venne legato al tronco di un albero, in aperta campagna, e il martirio avvenne ad opera di alcuni commilitoni che lo colpirono con delle frecce. E’ il protettore di atleti, arcieri, vigili urbani e tappezzieri. Nella storia dell’arte così come nell’agiografia San Sebastiano è rappresentato come un giovane uomo in piedi, legato ad un albero o ad un ceppo, con numerose frecce che trafiggono il suo corpo.
Riguardo all’altro Santo dedicatario (San Rocco), le fonti su sono purtroppo poco precise. Secondo la leggenda, durante il pellegrinaggio verso Roma dopo aver donato tutti sui beni ai poveri, si sarebbe fermato ad Acquapendente, dedicandosi all'assistenza degli ammalati di peste e facendo guarigioni miracolose che diffusero la sua fama. Peregrinando per l'Italia centrale si dedicò ad opere di carità e di assistenza promuovendo continue conversioni. Sarebbe morto in prigione, dopo essere stato arrestato presso Angera da alcuni soldati perché sospettato di spionaggio. Invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali, il suo culto si diffuse straordinariamente nell'Italia del Nord, legato in particolare al suo ruolo di protettore contro la peste. E’ il protettore dei malati infettivi, degli invalidi e dei prigionieri. Proprio per la sua natura di pellegrino vicino ai più umili è infatti rappresentato con l’abito, il cappello e il bastone tipici del pellegrino, un cane e solitamente in atto di mostrare una piaga o una ferita lungo la coscia.
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- Via Felice Monaco, 1310, Vercelli, vc
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