Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Cappella di San Bernardo
Diocesi di Cuneo ( sec. XV )
Strada Provinciale 43 Castelletto Stura CN
La cappella di San Bernardo era in origine una cappella campestre, ma oggi si trova in prossimità del cimitero di Castelletto Stura. Proprio a causa di questa vicinanza rischiò di essere demolita nel corso dell’Ottocento, ma alla fine venne abbattuto solamente il porticato antistante, ricostruito in forme contemporanee nel corso dell’ultimo restauro (2005-2007). Il medesimo intervento di restauro ha portato all’eliminazione del tamponamento della parete di accesso sostituita da una vetrata che consente la visione degli affreschi anche quando la cappella è chiusa.
Per quanto sia stata ipotizzata una fondazione da parte dei certosini di Pesio (che avevano in questo territorio molti possedimenti) è più verosimile che sia nata come cappella processionale della comunità di Castelletto, forse su impulso della Confraternita di San Sebastiano.
Le fonti ottocentesche tramandano la dato 5 luglio 1483 come giorno di completamento delle pitture e, sebbene la scritta non sia più leggibile, la cronologia appare credibile. Sulla facciata troneggia in alto San bernardo, affiancato da San Giovanni Battista, San Sebastiano e da due santi non identificati. Nell’intradosso dell’arco sono emersi due tondi con i profeti Isaia e Abacuc e il monogramma IHS. L’interno è completamente affrescato: sulla parete di fondo un finto polittico con la Madonna con il Bambino affiancata dai santi Francesco, Gerolamo, Bernardo da Chiaravalle, bernardo da Mentone, Bartolomeo e Antonio Abate; al di sopra l’Anunciazione. Sulla volta le scene della Passione, suddivise nelle quattro vele: il tradimento di giuda, la salita al calvario, Cristo in croce e la resurrezione. La parte bassa delle pareti laterali è scandita dalle sette opere di Misericordia (a sinistra) e dalla cavalcata dei vizi (a destra) sormontati rispettivamente dalla solenne Incoronazione della Vergine da parte della Trinità e dall’Inferno.
Gli affreschi sono attribuiti su base stilistica al pittore monregalese Giovanni Mazzucco, caratterizzato da uno stile immediato e popolare molto apprezzato dalla committenza locale di fine Quattrocento.
Il piccolo ambiente completamente dipinto a tinte vivace rende con chiarezza le intenzioni della chiesa medievale che affidava alla decorazione ad affresco il compito di tradurre in figure ciò che i fedeli sentivano dai sermoni o dalle letture: una vera e propria Bibbia per i poveri, illustrata sulle pareti degli spazi sacri. Le pareti delle chiese testimoniano così una volontà di insegnamento e monito nei confronti dei fedeli che, attraverso raffigurazioni talvolta crude e fin troppo esplicite, venivano indirizzati verso un certo tipo di vita e di pensiero. L’iconografia che maggiormente colpisce in questo senso è quella della “Cavalcata dei vizi”, affiancata quasi sempre dalla sequenza delle “Sette opere di misericordia”: due serie, di sette fotogrammi ciascuna, si fronteggiano come in uno specchio, mostrando da un lato i cardini della vita cristiana – che conducono alla Gerusalemme celeste – dall’altro azioni radicalmente opposte - che portano nelle ruggenti fauci del Leviatano ed agli Inferi. Le scene del primo registro si sviluppano a piccoli blocchi, secondo un cliché alquanto ripetitivo, e mostrano, una serie di figure che si prodigano per adempiere ai principi di carità e fratellanza proclamati dal Cristianesimo, in fedele traduzione delle parole del Vangelo: «Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi» (Matteo: 25, 34-36).
Di fronte si trova invece una processione ben meno esemplare, costituita da personaggi a cavalcioni di animali fantastici e deformi, colti nell’atto di compiere gesti violenti ed eccessivi, che richiamano i sette peccati capitali; i peccatori, stretti tra loro da spesse catene che simboleggiano il legame tra i diversi vizi, avanzano al ritmo di tamburelli suonati da diavoletti e si dirigono verso la bocca dell’Inferno. Insomma, niente di più lampante per i fedeli che, osservando queste pitture, ben comprendevano quale fosse il cammino verso la salvezza o la dannazione.
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Il bene è aperto prenotando al numero 347 793 0967
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